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Interviste creative #06 - Carmen Pafundi autrice di "Le donne della merceria Alfani"

Quando ho visto questo libro in vetrina sono stata subito catturata dalla copertina verde e dal nome dell’autrice. Suscita sempre curiosità, in un paese di poche anime, una compaesana che si cimenta in una produzione artistica, che sia essa libro, quadro, poesia o quant’altro.

Così l’ho comprato senza troppe aspettative con sincero interesse per la storia che pagina dopo pagina si materializzava davanti ai miei occhi e nella mia mente.
Perché è questo quello che succede con un libro che ti prende, le parole  prendono forma e diventano sensazioni, immagini ben delineate, personaggi che diventano lo specchio delle nostre vite.

Pensate poi quanto è insolito, per una persona che vive in una piccola realtà, leggere in un libro di luoghi, espressioni e tradizioni che fanno parte della cultura popolare e alcuni di essi sono così familiari che fanno ancora parte della quotidianità.






La trama
“Dal 1893 era lì, con la sua porta verde prato, incastonata tra le antiche mura di un’abitazione della piazza principale di un paese della provincia potentina. Doveva essere solo per poco la stanza di un abile sarto da uomo, Saverio Alfani, finché non sarebbe arrivato il figlio maschio, l’erede. Ma quel sogno proprio non gli riuscì di realizzarlo.
Nel 1913 la giovane e bella moglie, rimasta vedova e con una figlia altrettanto bella e “da marito”, esasperata dai pettegolezzi, decise di trasformare la sartoria in merceria. Fino al 2006 quindi crebbe la “Merceria Alfani dal 1913”. Che l’ultima erede trasformò poi in “Antica Merceria Alfani dal 1913”.
Facendo trama e ordito, una generazione di donne della pregiata Merceria Alfani nasce, cresce, vince e perde nel suo luogo eletto. E saranno proprio loro, le donne della Merceria a rigenerare la stirpe. Romanzo quasi epico, l’epopea quotidiana d’una famiglia semplice che Carmen Pafundi fa diventare speciale. La sceneggiatura di tante vite.”


Con immenso piacere oggi ho l’onore di intervistare l’autrice del libro Carmen Pafundi.


Nel libro il paese che fa da cornice alla storia è Montelucano. Un nome di fantasia che hai scelto per il tuo romanzo. Quanto c’è dei tuoi ricordi Pietragallesi e lucani in questo libro?

Il nome è inventato, perché si tratta di un romanzo di fantasia, ma che di autentico ha i sentimenti che in esso vengono narrati; per avere, dunque, una maggiore libertà nel racconto, così da non andare a toccare nessuna realtà oggettiva o soggettiva di un paese autentico, qualunque esso sia.  Certamente il nome scelto non è casuale, poiché volevo che richiamasse chiaramente alla mia terra natia, sia essa intesa come Basilicata o Lucania (la forma più antica), che dir si voglia, sia come riamando al mio paese natio; appunto, regione e paese, nei quali (come l’idea di uno scrittore, che non c’è più) ho intinto, con molta emozione, il mio pennino nel calamaio, per poi vergare le pagine con i miei umili e forti ricordi pietragallesi e lucani. 
Quanto di essi ci sia lo si può cogliere, credo, fin dalle prime pagine de Le donne della merceria Alfani, molto più del primo libro, Un albero di cachi sono stata; poiché, nel secondo, una delle ultime donne, della lunga generazione, dà inizio alla narrazione arrivando a Montelucano; così come i ricordi personali iniziano a dipanarsi, a ritroso, quando arrivo a Pietragalla o già quando ho varcato i confini della mia Lucania, arrivando dalla non lontana Puglia; terra, comunque, alla quale resto affezionata e grata, per diverse ragioni, nella quale, questi ricordi, hanno, motivo della mia affezione, hanno trovato terreno fertile per diventare storie, che forse la mia altrettanto fertile fantasia ha reso come autentiche.
C’è dunque tanto della mia, “non vissuta”, lucanità in entrambe i miei libri; poiché, personalmente, credo che si narri bene un luogo, per due ragioni: quando si è vissuto pienamente in esso e quando se ne ha una forte nostalgia, per non averlo fatto, o, come nel mio caso, non averlo potuto fare. Così, il paese natio, reale, “lasciato”, e non dimenticato, per me, diventa un paese “ideale”, fino a farsi reale; come Montelucano.








Quali sono i luoghi che possiamo davvero visitare e quali invece sono frutto della tua fantasia?

A Pietragalla: la prima realtà che ha dato vigore alla mia fantasia è la Piazza principale(Piazza Maggio); ovviamente, quella di com’era una volta, prima del rifacimento del lastricato, con la sua pietra(chianca) bianca levigata dallo scorrere del tempo, dai passi dei compaesani, come degli zoccoli degli asinelli; baciata dal sole, ghiacciata dalla neve, madida anche di sudore dei contadini… come quello che casca dalla fronte di Bruno, quando arriva, dalla Francia, a Montelucano, alla ricerca delle sue origini. Mi ha dunque ispirato tutto quanto in essa c’è stato, e ora, come la pietra nuova, che ha sostituito la vecchia, non c’è più; per questa ragione è più come la visione di un sogno onirico la possibile ubicazione dell’Antica Merceria Alfani dal 1913, che una volta giunti in piazza vuoi cercare, ma non sai bene dove, ma ogni posto è buono.
Altro luogo che mi ha ispirato, malgrado sia stato ristrutturato anch’esso, portando via dei miei ricordi, fattisi per questo più autentici, è il cimitero, il nostro “camposanto”: il solo luogo dove, per me, tutto si annulla, dalla mia personale sofferenza a quella del mondo; e resta sana, lucida la mente e mondo, da ogni angoscia, il cuore. Dove tornano, ancora più forti, che nella Piazza, o nel quartiere natio, i ricordi di bambina, le mie visite fatte insieme alla nonna paterna in particolare (lucana da generazioni senza tempo); la sua voce che mi racconta dei morti che aveva conosciuto, i suoi parenti e i suoi dolori; la sua mano che si accosta e spinge le porte delle cappelle più antiche o vecchie, ed io, curiosona e affascinata, che sbircio; e dunque le il riorno lì per mie “incursioni” solitarie o con la cuginetta; i nostri smarrimenti, in esso senza paura dei morti, perché come mi diceva la nonna, sorridendo: “è dei vivi che devi aver paura”; la quiete, senza alcuna paura dell’ineluttabile morte, nell’età più adulta, che lenisce l’accettazione del dolore e della perdita, naturale e non, di affetti profondamente cari, forti, come radici, che in esso risposano; ed io lì ascolto il loro respiro, ancora raccontarmi di loro e di me, come quello di un austero, fiero cipresso, di un verde che adoro.
La Merceria Alfani, invece, così com’è, con quel suo verde prato, incastonato nella pietra viva di una palazzina indipendente, la sua campanella, la porta sempre aperta… come detto, è la concretezza di un ricordo che non c’è più, come di un sogno; frutto, però, della visitazione reale di tante mercerie, lucane, pugliesi e non, nelle quali sono entrata a comprar qualcosa o solo a guardare, toccate, scrutate con gli occhi, annusate, anche con la mente. La Merceria Alfani è come mi piacerebbe fosse ancora una merceria.







Le donne sono le protagoniste indiscusse del tuo libro. La loro tenacia nei momenti di difficoltà e la loro dignità soprattutto di quelle del passato sono disarmanti. Credi che anche le donne di oggi abbiano ancora questi valori o qualcosa con il tempo è cambiato?
Le Donne, appunto in maiuscolo (come avevo inizialmente pensato di scrivere nel titolo), della Merceria Alfani, sono tutte donne di oggi; basti solo pensare alle scelte fatte da ciascuna di loro: dalla “fondatrice” della Merceria Alfani (Maria Carmela Pace, moglie di Saverio Alfani, lu sart’), a Martina, che apre la narrazione, la porta della merceria, portando con sé il futuro. I “valori”, ci vengono tramandati, come i ricordi; ma poiché i ricordi li generiamo noi, dalla nostra attitudine e capacità di ascoltare e poi, ricordare, credo che la stessa cosa, oggi, valga per i valori: siamo noi a dare “valore” alle cose importanti, a farle diventare esempio da perseguire o da dimenticare; sempre attuale o antico.











In quale di esse ti rispecchi di più? 

D’istinto direi Maria Carmela Pace, la fondatrice… Ma poi, come un’attrice, quale uno scrittore diventa o sa farsi diventare, mi ritrovo in tutte, per dar poi dar vita ad una Donna unica: la Merceria Alfani, vera protagonista assoluta; come amo rispondere a quanti mi hanno posto questa bella domanda.


Chi ha ispirato i tuoi personaggi? Mi è sembrato di vedere qualcosa delle mie nonne nel libro. 

D’istinto anche qui: i ricordi, ma i ricordi, come già detto, sono il frutto di un vissuto, di una buona predisposizione all’ascolto del vissuto altrui; dunque mi ha ispirato le narratrici inconsapevoli, dalle quali ho ereditato non solo la fisionomia o il colore degli occhi: le bisnonne, la nonna paterna, in particolare, perché, più della materna, hanno vissuto sempre a Pietragalla; ma è nonna Carmela (che timida si schernisce sotto il suo scialle lucano, per essere finita sulla copertina di un libro o in vetrina) ad essere, per me, l’immagine, il dialetto, il profumo, gli odori della “mia” Pietragalla. 
Quanto credi sia importante conoscere e ricercare le nostre origini?
È fondamentale, imprescindibile. Può sussistere un albero senza le proprie radici, può dare frutto? Direi di no. Siamo, e diamo al mondo, quello da cui nasciamo.


Le storie e le tradizioni del passato così lontane e così diverse sono fonte di insegnamento e di consapevolezza?

Se togli il punto di domanda ti sei data una splendida risposta, che sottoscrivo. 
Piccola curiosità. Raccontaci qualcosa sull’immagine della copertina (dove l’hai trovata, chi sono le donne in copertina etc.)
Ho già risposto indirettamente, ma lo rifaccio volentieri. È una foto autentica, di famiglia, di quelle stampate su cartolina postale, su retro: ritrae mia nonna paterna (come detto: sulla destra in copertina), giovanissima con delle sue amiche di quartiere, in uno splendido costume lucano degli anni ’20. Sono molto orgogliosa di possederla e di averla scelta, direi un secolo dopo, come copertina di un mio libro che narra una generazione di donne lucane, che passa di mano in mano, tenute strette, come loro sulla foto.







Hai qualche altro aneddoto che vuoi raccontarci riguardo al libro? 
Ho scritto una storia corale, di donne, che ha colpito molto gli uomini, a cominciare dai diversi relatori che hanno dialogato con me di loro. Lì ho veduti realmente commossi, uscire “sconfitti” dall’emozione, più che soddisfatti dalla curiosità del sapere perché gli uomini in questa storia non sono rimasti, e se l’hanno fatto, sono andati via come un suono, ora dolce, ora forte, della tipica campanella della Merceria Alfani. Un aneddoto personale, poiché come spesso dico: più che scrittori si diventa auditori dei personaggi, che vogliono narrarci la loro vita, e che in alcuni momenti mi sono vista entrare, dalla porta della merceria, proprio loro; come la fiera ed impettita Maddalena Nelli, che voleva dirmi qualcosa, per poi vederla accomodarsi su Malafemmina, a sbollentare la rabbia, ed io a dirle: “No, no, questa cosa non la diciamo, eh?”. E nella realtà della vita, ora, se in una merceria vera non trovo qualcosa, dico: Sicuramente alla Merceria Alfani la troverò! 

E per finire dove possiamo incontrarti? Quale sarà il prossimo evento dove presenterai il libro?
Dopo la magnifica esperienza della Premiazione delle mie Donne, alla 10^ edizione del “Premio Olmo” – 2013, sezione “Leggendo Leggendo”, tenutasi il 7 dicembre a Raviscanina(Caserta), sarò domani 28 dicembre a Pietragalla.






Grazie per la tua disponibilità.
Grazie a te, carissima donna lucana, mia compaesana, per la tua sensibilità.
 Buona vita. Carmen Pafundi

Potete trovare il libro “Le donne della merceria Alfani” online o nelle librerie.

I libri sono editi da Altrimedia Edizioni – Matera. Sito: http://altrimediaedizioni.blured.biz/
Nelle librerie vanno ordinati. Online sono sul sito dell’editore, anche in e-book, o sui i tanti che si occupano di libri. 
Per chi volesse: My Blog, dove sono la “merciaia” -  http://lamerceriadellalberodeicachi.wordpress.com/



*Aggiornamento* Carmen è poi venuta a Pietragalla e ha raccontato il suo libro ad un'attenta e numerosa platea. Vi lascio uno scatto che abbiamo fatto insieme.


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